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Cibo e cultura


“Siamo ciò che mangiamo” affermava Feuerbach e infatti il cibo connota popoli, culture e società. Ma non esiste identità senza alterità e il cibo ne è un esempio. Esso costituisce infatti un elemento di incontro e contaminazione, spostandosi nel tempo insieme all’uomo.

Il vino e l’olio degli antichi Cretesi che erano sulla tavola dei Greci e su quella dei Romani, oggi caratterizzano la nostra dieta mediterranea. Per non dimenticare il pomodoro, il cioccolato e il caffè e il loro lungo viaggio dall’America centrale all’Europa. E cosa dire dei cereali del Mediterraneo orientale che i Romani distribuirono nell’impero o dei limoni e dell’arancio dolce originari dell’India?

Oggi la nostra dimensione culturale globale ci avvicina ai sapori asiatici e africani e conosciamo cibi e piatti sino a qualche decennio ignoti ai nostri palati: sushi, alghe fritte, ravioli al vapore, spaghetti di soia, kebab, cous cous, pita e tanti altri ancora. Allo stesso tempo anche la nostra cucina italiana ha fatto il giro del mondo e spaghetti e pizza ormai la fanno da padroni.

Sempre più si assiste così ad un processo di ibridazione, di meticciato, di pluriculturalismo che avviene sulle nostre tavole e che potrebbe rappresentare, magari, uno strumento fondamentale di condivisione e rispetto, di reciprocità.

Il cibo è cultura perché connesso, inoltre, ad una serie di simboli e significati, basti pensare al ruolo delle spezie nel Medioevo e nel Rinascimento o al cioccolato definito “cibo degli dei”, o alle implicazioni etiche e filosofiche della cucina vegana oggi.

Il cibo è un veicolo di relazione, è “comunicazione” attraverso le pratiche della convivialità, delle tradizioni dello "stare a tavola". Basti pensare ad esempio all’importanza sociale del cous cous magrebino, servito in un grande piatto al centro tavola, da cui tutti attingono con la mano destra con un movimento preciso, o alla funzione che svolgono i pasti in particolari occasioni nel nostro Occidente (matrimoni, battesimi e festività varie) o ancora della vita ebraica che si apprende a tavola, gustando cibi che rievocano la storia del popolo d’Israele. Lo stesso sedersi a tavola insieme è espressione di una relazione profonda, uno strumento di accoglienza ed ospitalità di matrice greca, momento di convivenza pacifica, di “inclusività senza imposizione” in cui si condividono i beni della terra e la vita. In questa dimensione conviviale il cibo assume anche un valore sacro e lo stesso atto del mangiare diviene “paradigma simbolico della relazione tra l’uomo e il divino” e come tale torna in molte religioni a sancire i momenti più significativi: dono agli dei, rito di purificazione, segno di amore e fede.

La consapevolezza della relazione che il cibo instaura con l’umanità può pertanto avere una forte valenza educativa e insegnare il valore della reciprocità e del rispetto dell’altro.

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