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Cibo

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Il cibo ricopre da sempre un ruolo importante nelle opere d’arte di tutte le epoche.

Nei graffiti propiziatori preistorici, che raffigurano scene di caccia e raccolta,  e nei mosaici pompeiani,  dove le nature morte ripropongono i “doni ospitali” (xenia) che il buon padrone inviava ai propri ospiti, il cibo  conferisce all’arte il suo ruolo magico di tramite con la realtà.

Nelle epoche successive, e soprattutto dal Rinascimento, l’iconografia del cibo assume forti valenze simboliche connesse all’esistenza umana  e al sacro. Così nell'Ultima Cena di Leonardo il pesce, posto in piccoli tranci in alcuni piatti, il pane e il vino alludono ad antichi significati che il cristianesimo gli attribuiva (la parola per pesce in Greco "ichthys":  Iesous Christos Theou Yios Soter che tradotto è: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore), a passi significativi del vangelo e all’Eucarestia.

Nel 1600 Caravaggio in molte sue opere conferisce al cibo un valore sacro ed esistenziale. I frutti  sono allegorie della passione di Cristo, riflessioni iconiche sulla caducità della vita. Ogni singolo elemento sembra ritratto nel suo massimo splendore ma, se lo si osserva con maggiore attenzione le foglie avvizzite, i frutti marci, i chicchi d’uva secchi ricordano all’osservatore che il tempo passa e non risparmia nulla.

Anche nel XX secolo le avanguardie artistiche non possono fare a meno di trarre ispirazione dal cibo.

Gli artisti trattano il cibo come elemento ispiratore di realtà oniriche, di dimensioni interiori ed emotive o di crudezza verista, ( De Chirico “Il sogno trasformato”- Matisse “La stanza rossa” - Guttuso “ la Vucciria”). Nella Pop Art, il cibo diviene un’icona del consumismo dilagante, dell’omologazione della società contemporanea americana a cui gli artisti non risparmiano critiche.  

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